Troppe vesti si stanno stracciando a poche ore dalla presentazione del DDL costituzionale in materia di separazione delle carriere. Ma anche troppe grida di giubilo.
Prendiamo il leader del Movimento 5 Stelle, che ha sobriamente commentato “Dal governo svolta autoritaria, ricorda la P2”. Ora, va bene che siamo in campagna elettorale, d’accordo che l’elettorato di Conte è fatto di piranha che vanno alimentati col sangue della politica, ma certe sciocchezze proprio non si tengono in piedi.
Il governo ha presentato alle camere un disegno di legge costituzionale e perfino l’elettorato pentastellato sa che, per questo genere di modifiche, deve seguirsi l’iter aggravato previsto dall’art. 138. Parlare di svolta autoritaria è, dunque, molto semplicemente, una cretinata sesquipedale.
Ma, dall’altra parte, attenzione a non cadere in facili entusiasmi.
La separazione delle carriere è cosa buona e giusta ma non è la madre di tutte le riforme.
Intanto perché riguarda solo il settore penale, a cui troppo spesso si fa esclusivo riferimento quando si mette sotto osservazione il sistema giudiziario italiano. Non si può trascurare che la metà dei circa cinque milioni di procedimenti pendenti nel nostro Paese riguarda il settore civile.
Inoltre, perché è difficile ipotizzare che una eventuale divaricazione tra le carriere dei giudicanti e degli inquirenti porterà ad una riduzione dei tempi di durata dei giudizi.
Tuttavia – e questa è la riflessione che deve indurre davvero a qualche motivo di ottimismo – se la proposta di riforma avanzata dal governo Meloni vedrà la luce, sarà ragionevole attendersi un miglioramento della qualità del servizio giustizia.
La prossimità tra inquirenti e giudicanti, infatti, costituisce – specie dall’introduzione del sistema accusatorio in poi – un vero e proprio mostro bicefalo, con l’inevitabile conseguenza che lo spirito corporativo tra le due figure finisce per compromettere un sano e fisiologico antagonismo tra poteri, vero presidio di efficienza e di equilibrio del sistema giudiziario in un Paese democratico.
Bene, dunque la prima mossa del governo sulla proposta di separazione delle carriere, auspicando che la partita si giochi esclusivamente sulle scacchiere di Camera e Senato.
Non vorremmo mai che la reazione dei magistrati trasformasse la partita in battaglia e che le teste a saltare non fossero quelle del mostro bicefalo ma quelle della classe politica che ha osato affrontarlo.
Alessio Di Carlo