Se per molti studenti frequentare la scuola si presenta come un percorso ad ostacoli, non se la passano certo meglio alcuni insegnanti costretti ad un vero e proprio slalom speciale nelle pieghe della burocrazia e, sovente, nelle iniquità che dentro di essa si celano.
E’ quanto capita, ad esempio, ai tanti docenti di sostegno che sono laureati e specializzati con corsi annuali preceduti da tre prove d’ingresso e il sostenimento di diversi esami, svolti nelle università italiane e con anni di servizio alle spalle. In previsione infatti della formazione delle nuove graduatorie 2024-2026, questi rischiano di vedersi sorpassati (e soppiantati) da colleghi che abbiano maturato punteggio così come previsto dalla recentissima ordinanza ministeriale del 20 maggio 2024.
Questo provvedimento, stando a quanto ci riferisce la Professoressa Francesca Cipollone – docente di sostegno a tempo determinato presso l’Istituto Tecnico Alessandrini di Montesilvano (PE) – produce degli effetti a dir poco paradossali. “La tabella di valutazione dei titoli per il sostegno – spiega la docente – causa gravissime iniquità tra i docenti, basti pensare al fatto che i recenti corsi di abilitazione della durata di due mesi sono equiparati, quanto al punteggio, a tre anni di servizio”.
“In questo modo – prosegue l’insegnante – risulta penalizzato il docente che non ha potuto permettersi per ragioni economiche l’iscrizione a questi corsi o che non si sia iscritto tempestivamente oppure ancora che non abbia potuto farlo solo perché i corsi per la propria classe di concorso non erano ancora stati attivati!”
Come se non bastasse, l’ordinanza del Ministero dell’Istruzione e del Merito prevede anche la possibilità di inserire in graduatoria aspiranti i cui titoli esteri non siano ancora stati valutati. Anche in questo caso, in danno degli insegnanti che abbiano già maturato anni di servizio.
“In realtà, a pagare le conseguenze di questa situazione, inevitabilmente, e come sempre accade nel mondo della scuola, finiscono per essere i nostri ragazzi – spiega ancora la docente abruzzese – che siamo costretti a lasciare dopo anni di lavoro, interrompendo anche i rapporti costruiti, spesso faticosamente, con le famiglie”.
“La scuola vista in questa maniera è molto lontana dall’ottica dell’inclusione, dell’eguaglianza e del rispetto
– conclude la Professoressa Cipollone – chiedendo a tutti di – manifestare il vostro pensiero e la vostra volontà affinché ciascuno studente con disabilità possa essere considerato come una persona degna di avere un’educazione e formazione di qualità”.
Alessio Di Carlo